La posizione di CanaPuglia dopo quanto accaduto in Senato a discapito della filiera della canapa industriale in Italia.
“Devo ammettere in primis che sono una persona a cui non piace tanto scrivere. Ma questa volta lo devo fare. Abbiamo superato il livello più basso dell’intelligenza umana, quella che ci distingue dagli animali”, ha spiegato il presidente Claudio Natile.
“La situazione è ridicola. Mi vien da ridere e da piangere nello stesso momento a leggere alcuni commenti di politici italiani che siedono in Parlamento come:
Ottima notizia la decisione della presidente Casellati di dichiarare l'inammissibilità dell'emendamento a firma Cirinnà, Mantero e altri che avrebbe di fatto liberalizzato la cannabis. I nostri ragazzi devono avere scuola, lavoro, ricerca, opportunità, e non si meritano di restare chiusi in un cesso a fumare la droga di Stato. Simone Pillon – Senatore della Lega Nord
Bloccata in Senato la vergognosa norma sulla coltivazione e la distribuzione di ‘droga di Stato’.
NO allo Stato spacciatore, la battaglia della Lega non si fermerà mai! Matteo Salvini
La droga è droga. La droga uccide anima, cuore, polmoni e cervello. Tutte le comunità di recupero sono contro lo ‘Stato spacciatore’. Salvini su Twitter
‘Vittoria di chi si batte per una vita libera da ogni droga’, per poi aggiungere che ‘la droga non è mai leggera o innocua e noi continueremo a ribadirlo in ogni sede’ Giorgia Meloni
‘Drogato’ grida il Senatore La Russa al collega Alberto Airola che parla di un ‘scelta politica’ e non tecnica sulla bocciatura dell’emendamento come invece afferma la Presidente del Senato Casellati.
Ma come siamo arrivati a tutto livello di discussione? Cerco di spiegarlo sinteticamente.
In Italia da qualche anno, precisamente dagli inizi del 2017, la canapa, botanicamente Cannabis Sativa Linnaeus è diventata “cannabis light”, “canapa legale”, “marijuana legale”.
Si è trattato di un’alterazione, di una trovata imprenditoriale pensata da un gruppo di persone estranee alla filiera della canapa che, sfruttando il vuoto normativo della 242/16 che non ha contemplato la destinazione d’uso delle infiorescenze prodotte dalla pianta, ha scatenato un fenomeno socio-economico di grande rilievo.
Il problema è che si è tornati ad associare la canapa ad un mero prodotto da fumo, venduto come ‘prodotto ad uso tecnico o ricerca’ per non incombere in sanzioni.
Il problema è che sono stati aperti (E AUTORIZZATI) negozi senza un regolamento, distributori automatici nei pressi di luoghi sensibili come le scuole, senza alcuna regola da rispettare. Con la foglia dell’antico oro verde italiano sbattuta su tutte le vetrine, stile Amsterdam. Veramente squallido. Ma soprattutto abbiamo servito su un piatto d’argento l’occasione ai probizionisti italiani di denunciare chi consuma canapa e derivati.
Sia chiaro: non sono contro l’uso delle infiorescenze come prodotto da fumo, ma non doveva andare così. E la responsabilità di tale evoluzione non è tutta degli imprenditori indifferenti alla filiera della canapa industriale che hanno pensato solo a fare business, ma è proprio dello Stato che non ha regolamentato l’utilizzo delle infiorescenze che doveva avere,alla pubblicazione della legge, una destinazione d’uso come alimento, regola che avrebbe portato questo prodotto ad essere sottoposto ai controlli simili a quelli che regolano la produzione di alimenti. E chi voleva fumarsi la tisana, l’avrebbe comunque potuto fare liberamente come si fa d’altronde dagli anni 1990 in tutta Europa dove in commercio si è sempre venduta la tisana di canapa!
Certo, questo fenomeno tutto italiano, che si ispira a quello svizzero ma con profonde differenze, ha attirato tanti giovani favorendo l’apertura di partite iva, circa 5000, che hanno dato lavoro ad oltre 12000 persone. Commercialisti,tipografie,corrieri,agenzie pubblicitarie, banche e artigiani hanno ricevute commesse da una nuova economia. Sono state recuperate terre abbandonate di famiglia. Nel contempo però si è banalizzata una risorsa vegetale che può contribuire ad una conversione ecologica delle industrie banalizzandola come marijuana light!
Ma torniamo a ciò che è successo in Senato qualche giorno fa.
Prima di tutto va detto che NON È CAMBIATO NULLA, ancora una volta.
È stato bocciato, per posizioni politico-ideologiche e non tecniche come ci vogliono far credere, un sub-emendamento a firma Mollame-Mantero che aveva l’obiettivo di regolamentare il commercio delle infiorescenze e suoi derivati introducendo un’imposta di fabbricazione. In questo modo si sarebbe dato un riconoscimento economico al prodotto e avrebbe posto delle norme e dei limiti chiari per tutti.
Si conosce da anni il limite massimo di THC ammesso, lo 0,5%, oltre il quale le coltivazioni di canapa industriale e i loro prodotti rientrerebbero nella morsa del DPR 309/90, una legge che secondo il parere dei massimi esperti sul tema, andrebbe subito modificata perché inutile, costosa e pericolosa. Questo dato andrebbe approfondito scientificamente perché nessuno ad oggi in Europa conosce quale sia effettivamente il livello di THC in grado di produrre nell’organismo umano un effetto psicotropo drogante poiché come, affermato dal parere del CSS, la farmacocinetica del THC “è estremamente variabile a individuo ad individuo e a seconda della modalità di assunzione”
Le infiorescenze e i suoi derivati possono essere vendute a condizioni che, come ha affermato la sentenza della Cassazione del 30 Maggio scorso, non ci sia una “reale efficacia drogante”. Il Consiglio Superiore di Sanità con il parere del 10 Aprile 2019 ha raccomandato “che siano attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione,misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti” ovvero di infiorescenze di canapa a basso tenore di THC.
E allora per lo stesso principio di precauzione e di tutela della salute pubblica non si dovrebbe consentire la vendita di alcolici, tabacco e caffè, il cui abuso in Italia conta decine di migliaia di morti ogni anno! Giusto?
Quando in Italia vi erano circa 100 mila ettari di canapa e l’economia nazionale era fortemente influenzata dalla sua produzione e trasformazione, non vi era un limite di THC nelle coltivazioni. Dunque, eravamo uno Stato produttore di droga? Ma di cosa parliamo?
La questione delle droghe è un tema cultural-dipendente, come dice lo storico delle droghe e caro amico, Giorgio Samorini. In Italia si consumano ettolitri di alcool ma nessuno parla di droga perché siamo cresciuti così.
Per uscire da questo tunnel, è assolutamente necessario regolamentare l’utilizzo delle infiorescenze come alimento, come doveva già essere contemplato nella 242/16. Questo riporterebbe ordine e legalità nel settore e una migliore percezione da parte del
Per concludere commentando le affermazioni di Lega e Fratelli D’Italia:
Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), la più grande rete di comunità di accoglienza e di recupero dalle dipendenze del terzo settore italiano, non si sente in alcun modo rappresentato dall'ex ministro Salvini e dalle sue posizioni sulla cannabis light.
‘Sono ben altri i problemi che il sistema dei servizi deve affrontare’, dichiara Riccardo De Facci, presidente del CNCA, ‘questioni che si sono aggravate durante il periodo in cui Salvini ha fatto parte del governo: l'aumento del consumo di eroina, delle morti per overdose e le decine di nuove sostanze che hanno inondato il mercato. Noi crediamo in una politica sulle droghe radicalmente diversa da quella espressa dal leader della Lega. Non cerchi di farci passare per suoi complici in una 'guerra alla droga' fallimentare e dannosa’.
Ora apprendiamo che Fratelli d’Italia avrebbe ricevuto un finanziamento di 200 mila euro da parte degli azionisti di una multinazionale americana che vende alcolici e che è entrata nel business della cannabis legale in Canada. Proprio quella cannabis su cui si abbatte quasi quotidianamente la scure proibizionista e bacchettona di Giorgia Meloni e del suo partito. Quindi, Meloni combatte una lotta senza quartiere alla cannabis con i soldi di chi fa soldi con la cannabis legale: con quale credibilità?
Scrive infatti l’Espresso: ‘Il contributo di gran lunga più generoso al partito è arrivato da nomi che riconducono a una multinazionale made in Usa: messi insieme Ylenjia Lucaselli, Daniel Hager e la Hc Consulting Srl hanno infatti regalato al piccolo partito nazionalista 200 mila euro. Hager e Lucaselli sono marito e moglie. La famiglia di Hager è azionista della Southern Glazer’s Wine and Spirits, la più grande azienda statunitense della distribuzione di vini e alcolici (secondo stime di Forbes nel 2016 ha fatturato 16,5 miliardi di dollari e distribuito 60 milioni di bottiglie di vino italiane negli States). Una multinazionale americana che finanzia un partito sovranista italiano? Succede anche questo nel tortuoso mondo del neonazionalismo. E non è l’unica contraddizione, perché la Southern Glazer’s è da poco entrata anche nel business della cannabis legale in Canada, settore che in teoria Meloni e i suoi vedono come fumo negli occhi’.